Il Barolo DOCG e la filosofia del territorio
Il Barolo è un vino a denominazione di origine controllata e garantita, che senza dubbio esprime il blasone dei vini piemontesi e non solo. Grazie alle sue nobili origini ed alla sua storia ormai bicentenaria, ha saputo conquistarsi nel tempo il ruolo di “Vino dei Re e Re dei vini” e rappresenta certamente una delle più alte espressioni dell’uva Nebbiolo, che da molti secoli caratterizza l’eccellenza della viticoltura delle Langhe.
Siamo a pochi chilometri a sud della città di Alba, nella provincia di Cuneo, in una ristretta area che comprende in toto il territorio dei comuni di Barolo, Castiglione Falletto e Serralunga d’Alba ed in parte quello di Monforte d’Alba, La Morra, Verduno, Grinzane Cavour, Diano d’Alba, Cherasco, Roddi, e naturalmente Novello.
I vigneti del Barolo DOCG, che devono essere costituiti in maniera esclusiva dal vitigno Nebbiolo, ricadono su suoli a giacitura collinare collocati ad una altitudine compresa tra 170 e 540 metri sul livello del mare. Essi sono caratterizzati da rocce calcaree sedimentarie di origine marina (le Marne), variamente infiltrate di argille e sabbie, ed offrono la condizione ottimale al Nebbiolo per “leggere” il territorio e conferire al Barolo di ogni vigneto una personalità unica.
Ed è su questa personalità che si gioca l’identificazione di ogni Menzione Geografica Aggiuntiva (Me.G.A. è il cru), da sempre al centro della filosofia Le Strette, che porta in bottiglia i Barolo ottenuti da tre diversi crus: il Bergera-Pezzole e il Corini-Pallaretta a Novello, ed il Bergeisa a Barolo. Assaggiare insieme il Barolo di diversi crus, equivale a fare un piccolo viaggio nel territorio di Langa, che offre ad ogni angolo di veduta una nuova emozione.
Se poi si uniscono le caratteristiche, come si faceva una volta, ed il Barolo nasce dalla miscela di uve Nebbiolo o di vini Barolo provenienti dalle varie Me.G.A., ecco che profumi e sapori si intrecciano in una panoramica d’insieme del territorio: così accade nel Barolo Classico Le Strette DOCG.
Origini del Barolo DOCG
Se, da una parte, il Nebbiolo ha un legame millenario con le terre di Langa, la sua vinificazione, da cui prende origine il Barolo così come lo conosciamo oggi, si colloca nella prima metà del 1800, quando la lungimiranza di alcuni personaggi della nobiltà piemontese ne colse il potenziale per la produzione di un vino di grande struttura e longevità, capace, grazie alla Marchesa di Barolo, di conquistarsi fama ed apprezzamento presso la corte sabauda e di qui nelle corti di tutta Europa.
Fu grazie al lavoro di perfezionamento della vinificazione del Nebbiolo, operato negli anni intorno al 1830 -1850 nelle proprietà della Marchesa Giulia Falletti Colbert in Barolo e Serralunga, nelle cantine del Castello di Verduno di proprietà del Re Carlo Alberto di Sardegna, e nelle tenute del conte Camillo Benso a Grinzane Cavour, che il Barolo si avviò sulla via del blasone. Con gli importanti contributi tecnici degli enologi dell’epoca, in primis del Generale Enologo Francesco Staglieno, che nel 1835 pubblica il manuale «Istruzione intorno al miglior metodo di fare e conservare i vini in Piemonte», si comincia a vinificare il Nebbiolo come vino secco: i vini dolci, frizzanti e poco serbevoli, lasciano così spazio ai vini ricchi e austeri e alla progressiva affermazione del Barolo, ambasciatore dei vini piemontesi nell’élite mondiale.